Non è facile descrivere Roma. Ci hanno provato molti scrittori, artisti o persone semplici e molto e sempre ci sarebbe ancora da aggiungere.
In primavera, il colore del cielo è di un azzurro cobalto speciale e la luce che si rifrange tra le cupole, i palazzi, i monumenti e i vicoli non si lasciano spiegare in poche parole. Per questo lasciamo che sia un brano di Quer pasticciaccio brutto de’ via Merulana, scritto da un milanese che ha molto amato Roma, Carlo Emilio Gadda, a narrare qualche emozione che la città eterna può suscitare…
“Il brigadiere premè col piede e accellerò verso la Fontana. Da ritta, ove il piano s’infoltiva di abitacoli e discendeva a fiume. Roma gli apparì distesa come in una mappa o in un plastico. Fumava appena, a Porta San Paolo: una prossimità chiara d’infiniti pensieri e palazzi, che la tramontana aveva deterso e che il tiepido sopravvenire dello scirocco aveva dopo qualche ora, con la cialtroneria abituale, risolto in facili immagini e dolcemente dilatato. La cupola di madreperla: cupole, torri; oscure macchie de’ pineti. Altrove cinerina, altrove tutta rosa e bianca veli a cresima: uno zucchero su una pasta, in un mattutino di Scialoia. Pareva n’orologgione spiaccicato a terra che la catena dell’acquedotto Claudio legasse… congiungesse… alle misteriose fonti del sogno”.